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Hanno capito che l'insegnamento del Buddha non è

soltanto un insieme di riti e di cerimonie di una cultura lontana dalla nostra, quanto, soprattutto, uno

studio sofisticato dei minuziosi meccanismi secondo cui funziona la mente. Negli Stati Uniti è uscito da

poco un libro che parla dell'applicazione delle tecniche di meditazione alla depressione.

Si intitola

pubblicato nel corso del 2003 da Bollati Boringhieri) e gli autori sono tre importanti professori delle

Università di Cambridge, Wales e Toronto. John Teasdale, Mark Williams e Zindel Segal hanno iniziato

questo studio dieci anni fa. La loro ricerca si intreccia con quella di un altro scienziato statunitense che,

da più o meno vent'anni, utilizza la meditazione anche per la cura dello stress: si tratta di Jon Kabat-

Zinn, direttore della clinica dello stress che fa parte del Medical Center dell'Università del Massachusetts.

Qui i pazienti possono imparare, in otto settimane, a gestire in modo diverso le tensioni causate da una

malattia o da un disagio di natura emozionale. Si siedono, ascoltano il proprio respiro, apprendono

tecniche di rilassamento e, soprattutto, imparano a mantenere desta l'attenzione, momento per

momento. A osservare i pensieri, le sensazioni, le emozioni che li agitano e a rimanere presenti. Mark

Epstein, uno psicoterapeuta di New York, in un saggio sulla psicologia e la meditazione buddista

(pubblicato dall'editore Ubaldini con il titolo Pensieri senza un pensatore), racconta un aneddoto sullo

psicologo americano William James, che fu molto colpito dalla raffinatezza psicologica del buddismo.

"Durante una lezione a Harvard, agli inizi del Novecento, James si interruppe all'improvviso riconoscendo

tra il pubblico un monaco buddista, in visita da Ceylon. "Prenda il mio posto", disse. "Lei è più preparato

di me a insegnare psicologia. La vostra è la psicologia che tutti studieranno da qui a un quarto di secolo".

Mindfulness-Based Cognitive Therapy for Depression (verrà

William James, evidentemente, fu più bravo come psicologo che

come profeta

la meditazione nel setting. Una prova è l'esperienza dei tre autori di Mindfulness-Based Cognitive Therapy

for Depression. Osservare i pensieri, ma senza identificazione Dieci anni fa, Teasdale, Williams e Segal si

ispirarono al programma di Kabat-Zinn basato sulla meditazione, e lo applicarono alle metodologie

tradizionali della terapia cognitivista, ma senza successo. Naturalmente, si chiesero perché. Si rivolsero

nuovamente a Kabat-Zinn e scoprirono che la meditazione non funziona se chi la insegna non la pratica a

sua volta. Non può essere applicata come una semplice tecnica. La consapevolezza può essere al servizio

della psicologia se, prima di tutto, è vissuta come una via di liberazione e di conoscenza di sé. "La pratica

insegna a stare con i propri pensieri, sensazioni ed emozioni, anche quando sono negativi", spiega oggi

Teasdale. "E il modo più potente ed efficace per insegnare questa capacità è l'averne esperienza". I tre

professori hanno, quindi, dovuto partire da se stessi. "All'inizio", continua Teasdale, "pensavamo fosse

irragionevole pretendere che tutti gli istruttori avessero sperimentato direttamente la pratica. Abbiamo

dovuto cambiare idea. È un po' come per un insegnante di nuoto: non basta conoscere come si

comportano i solidi nei liquidi". La ricerca dei tre studiosi riparte, questa volta con l'obiettivo di verificare

come la terapia cognitivista integrata con la meditazione possa prevenire le ricadute di episodi depressivi.

Lo studio viene condotto su un campione di 145 persone, che avevano alle spalle due o più episodi di

depressione maggiore. Il gruppo viene diviso tra chi seguiva il programma di meditazione e chi la terapia

tradizionale.

: si era sbagliato di quasi cento anni. In effetti, non sembra così semplice introdurre

"I risultati hanno fatto tremare la comunità scientifica cognitivista"

afferma Fabio Giommi, psicologo di questa scuola e curatore della edizione italiana del volume di

Teasdale, Williams e Segal. "Nel cognitivismo, mente e pensiero si sovrappongono. Nella meditazione, al

contrario, pensieri ed emozioni vengono semplicemente osservati, senza identificarsi con essi". I risultati

dello studio sono significativi: il 66 per cento dei pazienti che si sono sottoposti alla terapia tradizionale

ha avuto una ricaduta, contro il 37 per cento di quelli che hanno praticato la meditazione. Un risultato che

ha messo in discussione molti principi fino a quel momento condivisi. "Le psicoterapie, in genere, si

focalizzano sui contenuti della mente e vogliono cambiarli", spiega Teasdale. "Con la terapia basata sulla

meditazione, invece, mutiamo il modo di rapportarci a questi contenuti". In che modo?

,

"Quando sorge un pensiero o un sentimento che non ci piace,

impariamo ad accettarlo, a permettergli di essere.

quello che è. In questo modo, le persone si allenano a riconoscere i più piccoli cambiamenti di umore e a

capire come questi alimentano lo stato depressivo. In una prima fase, i partecipanti al programma

imparano a diventare pienamente consapevoli di idee e sentimenti, poi a portare l'attenzione al respiro e

alle sensazioni corporee. Ecco il primo passo per riuscire a relazionarsi alle difficoltà. Dedicare tempo alla

respirazione è già sufficiente per dissolvere i pensieri spiacevoli". Chiacchiericcio della mente uguale

sofferenza inutile Negli ultimi dieci anni, diversi scienziati e psicoterapeuti hanno dichiarato di praticare la

meditazione. È stata una sorta di outing, come se una pratica considerata stravagante e inadatta a una

mente scientifica avesse acquistato una nuova connotazione. "Jon Kabat-Zinn ha portato la meditazione

in un ambito come l'ospedale universitario, senza tirare in ballo la religione", spiega Corrado Pensa, uno

degli insegnanti di meditazione Vipassana più famosi in Italia e autore di numerosi saggi, tra cui il recente

L'intelligenza spirituale (Ubaldini). "Questo linguaggio non religioso ha avvicinato alla meditazione

persone che, altrimenti, se ne sarebbero tenute lontane". Lo spiega chiaramente Kabat-Zinn nel suo libro

Lo lasciamo essere per

Guida alla meditazione come terapia

consapevolezza siano perlopiù insegnate nel contesto del buddismo, la loro valenza è universale. La

consapevolezza è essenzialmente attenzione. È guardare dentro di sé, in uno spirito di autoindagine e

autocomprensione". Continua Pensa: "Si tratta di osservare, senza giudicare, la nostra radicata abitudine

a pensare per pensare, il nostro attaccamento all'attività discorsiva della mente. Le elucubrazioni

compulsive e incontrollate travolgono la consapevolezza, e questo è uno dei maggiori elementi della

sofferenza.

(edito dalla red): "Benché le pratiche per lo sviluppo della

L'addestramento alla consapevolezza serve anzitutto a questo:

notare come ci infliggiamo una sofferenza non necessaria

sofferenza sia mentale sia fisica. Quando si sta male, per esempio, è molto facile cadere in pensieri

ossessivi: è come se la mente cercasse una soluzione. Eppure, accade proprio il contrario, e lo

confermano alcuni studi scientifici recenti: il ripetersi delle elucubrazioni riduce la capacità di risolvere i

problemi. È un combustibile che ingigantisce la sofferenza. C'è un insegnamento, nella tradizione

buddista, che viene chiamato "delle due frecce": un uomo trafitto da una freccia comincia a maledire, a

imprecare, a lamentarsi. In questo modo, è come se fosse stato colpito da due frecce: a quella fisica ne

ha aggiunta una che si è scagliato da solo, la freccia dell'ostilità".

. E parlo di

Relax totale: biologia o zen?

vigile e quiete profonda dati dalla meditazione, in cui i livelli di attenzione sono alti ma l'attività mentale è

al minimo. "I primi studi condotti con elettrocardiogramma ed elettroencefalogramma risalgono alla

seconda metà degli anni '50", spiega Francesco Bottaccioli, presidente della Società italiana psico-neuroendocrino-

immunologia. "Già allora ci si accorse di una forte riduzione della frequenza del respiro e del

battito cardiaco". Dieci anni dopo, lo psichiatra giapponese Tomo Hirai, studiando i monaci zen, si accorse

che quel tipo di rilassamento ha una base biologica: nel cervello aumenta la regolarità delle onde alfa,

soprattutto nelle aree corticali frontali. "Gli studi analizzano l'attività elettrica del cervello", spiega

Bottaccioli. "Sono più frequenti le scariche di onde alfa (quelle che compaiono di solito a occhi chiusi, in

uno stato di relax) e aumentano i segnali di coerenza tra aree cerebrali. È uno degli effetti più importanti

della meditazione: il non pensiero aiuta il pensiero consapevole, che diventa più preciso, attento,

pregnante. Allenarsi a calmare il chiacchericcio della mente è anche un modo per equilibrare la vita

emozionale. Tutti gli studi dimostrano che, con la pratica, si riduce la produzione di neurotrasmettitori e

ormoni dello stress (cortisolo, adrenalina, noradrenalina), mentre aumentano melatonina e serotonina,

legate a stati di relax e profondo benessere. La meditazione, del resto, è già applicata contro disturbi

alimentari, fobie, ansia, attacchi di panico, nella prevenzione delle ricadute depressive e per regolare lo

stress. Sulla relazione emozioni-meditazione, nuove scoperte sono arrivate anche grazie alla risonanza

magnetica funzionale, che permette di visualizzare il cervello in attività. "Ad applicarla per primi alla

meditazione sono ancora i giapponesi. Quando ci si concentra sulla ripetizione di un mantra o sul respiro,

si attivano prevalentemente le aree corticali dell'attenzione. Quando, invece, si passa a una meditazione

più profonda, di totale silenzio interno, compaiono le onde teta: quelle di un cervello tranquillo, non

stressato". Per info sui corsi di Francesco Bottaccioli e Antonia Carosella: Centro di Medicina Naturale

Oriente Occidente, Roma, tel. 06.927.045.47 oppure www.simaiss.it. Raggiungere il silenzio ascoltando

la voce interiore: Mario Thanavaro è un insegnante di Vipassana, e per molti anni è stato abate del

monastero buddista Santacittarama di Frasso Sabino (Rieti). Dopo 18 anni di vita religiosa e di intensa

pratica di meditazione (si è formato con i monaci della foresta in Thailandia), ha scelto di tornare allo

stato laico. "Ho sentito il bisogno di confrontarmi con parti della mia personalità che la protezione del

monastero e la castità non mi consentivano di contattare. La meditazione ci permette di accedere a livelli

di coscienza superiore, ma, allo stesso tempo, è necessario che la personalità sia integrata". Mario

Thanavaro continua a insegnare meditazione e a condurre gruppi con la moglie Luce Enzina Franzese,

psicoterapeuta neoreichiana. "Oggi ho integrato l'esperienza del silenzio con il suono e il movimento.

Come diceva Osho, non è possibile arrivare al silenzio se non si sono prima ascoltate le proprie voci

interiori". Non è quindi solo la meditazione a fecondare la terapia, ma anche il contrario. Per info sui corsi

tenuti da Mario Thanavaro: Associazione Amita, Roma, tel. 06.906.3854. Per l'indirizzo dei centri Osho in

Italia e nel mondo: www.oshoamici.it. Tra i più importanti: Osho Miasto, Colle Val d'Elsa (Siena), tel.

057.796.0124, www.oshomiasto.it; Omc, Sommacampagna (Verona), tel. 045.515.499,

www.unatazzadite.it; Osho Circle School, Maiolo (Pesaro e Urbino), tel. 0541.926.227,

www.oshocircleschool.it. Per i ritiri di meditazione Vipassana: Istituto Lama Tzong Khapa, Pomaia (Pisa),

tel. 050.685.654; il tempio Santacittarama, Località Brulla, Frasso Sabino (Rieti), tel. 076.587.2186,

www.santacittarama.org; International meditation center, Milano, tel. 02.995.6732, www.imcitalia.it;

Centro Vipassana Dharma Atala, Località Orezzi, Obolo di Gropparello (Piacenza), tel. 052.385.7215. Per

il buddismo impegnato nel sociale: Rete di Indra, Peacemaker Community Italia, nata per favorire la

pratica nella sofferenza fisica, materiale e psicologica; Viale Gorizia 25c, Roma, www.reteindra.org.

Da un secolo la scienza tenta di decifrare gli stati di calma

Così si cura anche il corpo.

meditazione migliora lo stato di salute. Stroke e American Journal of Cardiology, due riviste scientifiche

Usa, hanno pubblicato ricerche riguardanti l'effetto sulle malattie cardiovascolari. Sono stati verificati,

dopo nove mesi di meditazione, la diminuzione dello spessore della placca arteriosclerotica della carotide,

e un netto miglioramento, dopo tre, delle condizioni di un gruppo di donne con angina pectoris resistente

ai farmaci. Support Care Cancer, un'altra rivista statunitense, nel 2001 ha pubblicato uno studio condotto

su 89 pazienti ammalati di tumore. Sette settimane di training, che comprendeva un incontro di un'ora

alla settimana ed esercizi quotidiani a casa, hanno ridotto nettamente i livelli di ansia e stress. È stata

dimostrata inoltre una diminuzione della reattività agli stimoli stressanti, come l'eccesso di anidride

carbonica nell'aria. Il sistema di allarme interno si normalizza, e questo ha un effetto positivo anche su

chi soffre di attacchi di panico.

Diversi studi hanno dimostrato che una pratica costante della