| Martedì 18 Ottobre 2011 09:49 |
|
In modo continuo e costante la mente valuta la discrepanza fra la situazione desiderata e la situazione attuale: quando c’è molta distanza fra la prima e la seconda essa mette in atto un progetto per raggiungere lo scopo “situazione desiderata”, entrando così nel doing mode (= modalità del fare). La mente così si attiva e non si ferma finché non ha raggiunto lo scopo. Questa modalità della mente è molto funzionale perché ci permette di raggiungere scopi nella nostra vita (anche scopi semplici ma importanti per la sopravvivenza, come cibarsi se si ha fame, coprirsi se fa freddo ecc). Purtroppo la stessa modalità si attiva anche rispetto a situazioni interiori: ad esempio, mi sento triste e la mia mente si attiva cominciando col valutare la discrepanza fra stato attuale (tristezza) e stato desiderato (felicità); si attiva così il rimuginio che è un pensare a come raggiungere lo scopo desiderato. Tale rimuginio però non ci aiuta a risolvere il problema (la tristezza) e se possibile invece lo peggiore perché aumenta la sensazione di disagio interiore che, quindi, aumenterà la discrepanza fra stato attuale e lo stato desiderato. La mente entra così in un circolo vizioso da cui non riesce a uscire, ne è bloccata. Naturalmente la tristezza ad un certo punto se ne andrà, magari perché ci succede qualcosa che giudichiamo positivo, oppure perché, come tutte le emozioni, ad un certo punto passa da sola. Cosa possiamo fare? Semplicemente accorgerci di quando siamo nella modalità del fare e provare ad uscire da essa, entrando nella modalità dell’essere (being mode), quella modalità che utilizziamo tutte le volte che facciamo una pratica di meditazione (come facciamo con l’uvetta, con la meditazione sul respiro, il body scan, o la meditazione camminata), in cui non vogliamo raggiungere uno scopo ma proviamo a stare con quello che c’è per il solo gusto di starci.
Marina Ciampelli © |
